giovedì 8 luglio 2010

Piccole memorie.

Nelle sue Piccole memorie, scritte "per far conoscere la personalità dell'autore che ora leggete" Saramago percorre per sintesi fotografica ed emozionale la sua infanzia, prima in un piccolo paese, poi nella capitale portoghese, infine il ritorno all'origine delle sue impressioni, di nuovo Azinhaga.
Nella sua retrospettiva tarda, quando il sentimento della morte si fa impellente, si limita, da un lato, alla semplicità descrittiva del mondo limitato e povero di cui aveva colto i simboli, le scarne parole i comportamenti espliciti, celati prudenzialmente, i comportamenti impliciti, manifestati quando il senno, per il caldo, l'orgasmo interiore, viene messo tra parentesi. Il bambino cercava altro: una lucertola, l'ombra di una pianta, quando viene coinvolto dalle fugaci rappresentazioni degli adulti. Non se ne turba, anzi si sofferma sulle espressioni a latere che accompagnano gli atti. In quel mondo statico si sofferma a fantasticare, ma anche ad analizzare, le piccole sensazioni che alimentano una piccola anima, ancora in grado di recepirle.
La memoria dell'infanzia si dipana, fra piccoli salti temporali, nel contesto e sulla base del mondo rurale, avvinto come l'olmo alla vita alla piccola borghesia degli ausiliari dell'ordine nella Capitale. La casacca da contadino indossata in campagna, la divisa da poliziotto per la rappresentazione urbana.
Sull'aia, la Pezuda, dai piedi sproporzionati in eccesso, che non poteva celare la disarmonia, perché, come tutti, camminava a piedi nudi.
In città, la famiglia Barata, composta da due fratelli, uno poliziotto di grado superiore al padre, che si rivaleva con la di lui moglie, la frivola Conceicao, come attestavano i lamenti della madre e le sue liti con il fedifrago.
Il piccolo José prova le prime emozioni puberali con le bambine del vicinato, sia in campagna, sia in città e, edipicamente, con la mantenuta di un commerciante, che villeggiava dai suoi nonni e con la quale si abbandonava all'ambiguo gioco della lotta, prima in piedi e poi sul letto.
Molto presto, a cavallo di queste anticipazioni emotive, José, ancor bambino, cominciò a frequentare il cinematografo ed a subirne gli influssi sensitivi, che resteranno nei recessi della coscienza, ma più radicati, nell'inconscio, da dove riemergeranno, inopinatamente o organizzati, durante la sua vita e trasposti nelle sue opere.
José de Sousa era il nome vero dello scrittore, Saramago era il patronimico che, in paese, gli avevano affibbiato, secondo un'usanza un po' tribale, un po' feudale, praticata, ad esempio, anche in quel di Comacchio.
La nonna paterna, Carolina, soffriva di albuminuria, come, ricordo, la mia nonna maternae, come lei era poco espansiva in termini affettuosi e fin troppo in termini polemici.
Il fratello Francisco morì di broncopolmonite a quattro anni. Non contese a José lo spazio, il tempo e l'attenzione.
Il nonno Jeronimo era stato lasciato nella ruota della Misericordia, la madre di José era "nipote di nonno ignoto". La bisnonna, Betariz Maria aveva consolato la sua solitudine, o meglio, datta la giovane età, si era fatta suggestionare da un uomo arcano ed appartato, grave ma probabilmente dai modi spicci e laconici, accampato appena fuori dal paese e che aveva trasmesso ai suoi discendenti indigeni la carnagione scura e i lineamenti marcati. Strano e mitologico personaggio, uso ad ingravidare anche le spose accaldate intra moenia, custodito da due cani feroci ma laconici come lui, che, si narra, fecero strame di un marito protestatario. Quando la realtà supera la fantasia, pur fervida, dello scrittore che verrà....oppure, il mondo senza cerimonie, borghesi almeno, a far da fondamento alla cerimoniosità dell'arte dello scrivere.
Le giornate del piccolo saramago si succedono banali, puntellate però da vicende, evidenziate, elaborate per poi essere rilette alla luce..così poco vitale della maturità: dalle grossolane reazioni dei parenti, delle donne soprattutto, che commentano, ridanciane e caustiche, le ripetute ingenuità del bimbo ai primi passi del cammino dell'esperienza. Così accadde, nonostante i rimproveri ufficiali, dopo i primi approcci sessuali, in conseguenza della sottrazione di pesci pescati, da parte di ragazzi di un paese vicino, di un'altra e competitiva etnia.
Non così, invece, quando una banda di ragazzi, alla periferia di Lisbona, su uno sterrato colmo di detriti, sequestrò e stuprò il bambino con un fil di ferro spinto nell'uretra. Un gesto gratuito, quanto temo consueto e traumatizzante nelle sue diverse versioni, durata e modalità, rivolto in età pre e post puberale soprattutto da maschi ad altri maschi, in una pantomima di egoistico appagamento e di animalesco dominio, che, come dice il nostro autore, prefigura e spiega le crudeltà dell'uomo adulto.
In questo caso, la figura femminile, la nonna e non la madre che forse sarebbe stata influenzata da altri riferimenti e convenzioni, sue e del marito, bensì della nonna, si mostra partecipe e soccorrevole.
Il padre, quando torna al paese, si vanta, all'osteria, del suo potere da piedipiatti, omettendo i servigi che le prostitute gli riservano per evitarne l'interferenza, che altererebbero la sua immagine istituzionale, ma compiacendosi del piccolo potere di ricatto che sente di poter esercitare, in nome della legge, sulle altre comparse della recita sociale, chiuso nel rispetto dei riti, soprattutto il rispetto, che pretende che il figlio riservi, nelle occasioni comuni, al collega che cornifica, anche se le intemperanze sono difensive e giustificate, instillando involontariamente nell'animo vergine il senso dell'abuso e della prevaricazione subiti. Il mondo femminile, almeno nei confronti del giovane maschio, se sbeffeggia l'imprevidenza fiduciosa, come a loro non sarebbe accaduto di subire e, in materia d'alcova, sussurra e ridacchia, dopo aver doverosamente rimproverato, con compiacimeto complice, riguardo alla violenza in genere, ritorna alla sua pietà materna.
Nelle case lisbonesi, presso le quali questa o quella zia preatva servizio, coglieva le atmosfere pesanti, del clima ambientale come dell'arredamento, simbioticamente unite con la sufficienza e condiscendenza paternalistica dei padroni, impegnati nei loro riti e consuetudini sociali, che sembrano aver inquinato anche i rapporti, almeno quelli pubblici, fra di loro.
Dei discendenti ed erdi dei padroni, avverte la distanza, compiaciuta delle sue difficoltà..con i loro cani da guardia, per esempio, e la strumentalità che gli viene riservata per lo stesso tempo necessario all'assistenza scolastica ed a lenire la solitudine ricercata in attesa di esercitare il potere, di un signorino.
La stasi, l'assenza di stimoli dell'odierna costumanza anche per i più piccoli, veniva surrogata, no: naturalmente profusa dai suoni, dai fruscii, dalle rifrazioni, dall'immaginazione circa il presunto pensiero, immanente alla natura ed agli animali. Anche le case abitate ospitavano sussurri, strane tobalità imitatrici di lavori e lavorii, a cui non si tardava ad attribuire dei significati extra-sensoriali, extra-razionali, attingendo alla mitologia popolare, interpolata dagli ammaestramenti religiosi.
Oltre che dalle immagini cinematografiche, il piccolo José viene stimolato nella fantasia, dalle narrazioni e dalle pubbliche letture, che una padrona "letterata" di una delle tante case, abitate in affitto, rivolgeva a loro. Sia i film, sia i romanzi popolari a dispense erano pieni di situazioni al limite dell'orrore immaginifico e dell'amore contrastato e davano luogo a situazioni paradossali che si imprimevano nell'animo del tenero analfabeta e dei meno teneri e perenni analfabeti adulti.
Del padre, come detto, agente di polizia, non porta molto, lo scrittore in erba. Era un contadino inurbato, che assommava ai suoi costumi provinciali quelli istituzionali, appresi nel ruolo pubblico che ricopriva. Un concentrato di superficiali contenuti formali, costituenti un'idea di privilegio al minimo, eterna e meschina panacea della sfiga, con corredo di incongruenze comportamentali e di vanterie da paese.
José va a scuola. Apprende i segni necessari alla lettura e "comincia a formarsi sul Diario de noticias", ancor oggi il principale quotidiano portoghese che il babbo portava a casa perché gli veniva offerto da un giornalaio o da un padrone di una tabaccheria. E' così che, soffermandosi sulle pagine inchiostrate con gli stessi simboli che apprendeva a scuola, si esercita, giorno per giorno, per poi passare al primo libro, l'unico custodito in quella casa e di contenuto, come al solito, enfatico.
Di quel testo, letto due volte, a differenza di quello narratogli dalla padrona di casa, quando ancora non sapeva leggere, non serberà ricordo di sorta. Infine, un manuale illustrato di conversazione portoghese-francese, nei cui dialoghi di maniera fra personaggi disegnati, intravederà, con il senno di poi, i contenuti dialettici dell'allora sconosciuto Molière.
A dire il vero, le piccole memorie non sono tali e quali, bensì ricordi rielaborati nella psiche in fasi successive e speso adattati all'animo dell'uomo adulto, pregiudizi sopravvenuti e scorie comprese. Nel caso in esame sono, comunque, semplici, lineari e, per così dire, familiari, perché illustrano un vissuto condivisibile, fatte salve le apparenze particolaristiche.
Al Liceo Gil Vicente, Saramago si scopre un bugiardo bulimico. le sue fantasie emergono vivide, fervide e feconde di nuove invenzioni che si compiace di ammannire a questo e a quello fra i suoi compagni. letture mai fatte, trame di film mai visti; traspere l'esigenza, ancora inconsulta, di far traboccare i contenuti fantastici che la sua anima recettiva aveva raccolto ed elaborato.
Lungo la strada, da e per la scuola, percorsa con i suoi compagni, si fermavano ad osservare la cartellonistica di due cinema. Saramago, ispirandosi a quei pochi fotogrammi, inventava su due piedi una trama e la storia completa. I compagni facevano, talvolta delle obiezioni, alle quali il narratore replicava, alterando l'alterato, con nuove bugie esplicative.
Forse è per l'intima consapevolezza delle mistificazioni narrative e del loro scopo "stupefacente" che, in tutta la sua opera, è stato caustico e divertito nei confronti degli affabulatori, dei loro costumi e paramenti scenici, della loro gestione di contenuti mitologici e trascendenti.
Due bozzetti sensitivi, alla base dei caratteri descrittivi ed "olfattivi", veniva a trovarli in quegli anni imberbi, un parente di Barata, un povero ragazzo cieco, ricoverato in un pensionato apposito, che suggestionava José, quando cercava di portare un po' di luce nel suo buio, attraverso lo scrivere in brail e che gli suggeriva, chissà perché, l'impressione di uno che si masturbasse tutti i giorni ( pensiero attualizzato ) e che "emanava un odore di rancido, di cibo freddo e triste, di vestiti mal lavati", sensazioni che trasporrà in un mondo di ciechi inselvatichiti nel romanzo "Cecità".
Altra parente visitante di Barata, la zia Emilia, anziana ed impettita, rubizza per frequenti ubriachezze, incline al canto e venditrice di noccioline su di un carretto alla porta di una osteria.
memorabile il caso che si diede un giorno, allorché, alticcia e canterina, fu trovata distesa sul pavimento, con la gonna sollevata, intenta a masturbarsi, anche se le altre donne cercarono di far scudo all'invereconda dalla curiosità dei bambini.
La mamma di Saramago impegnava le coperte al Monte di pietà, a primavera inoltrata e poi, lesinando sulle spese, riscattava gli interessi e le coperte all'inizio dell'autunno.
Il papà e il Barata, entrambi tutori dell'ordine con la moglie del superiore in comune, rubavano l'acqua all'omonima Compagnia, praticando forellini invisibili nella tubatura e godendo della complicità presunta del tecnico incaricato della sostituzione del pezzo martoriato, quando prese a perdere da tutti i fori. Cronache di povera gente.
Dieci trasferiemnti domestici in altrettanti anni, con il trasporto della mobilia sulle spalle dei facchini, non avendo i mezzi sufficienti per poter ingaggiare un'impresa. I piccoli oggetti erano trasportati personalmente dalla madre, che ora li appoggiava sull'anca, ora sul capo eche forse si sarà ricordata di quando ricevette la dichiarazione d'amore del futuro marito presso una fonte e poi dimenticò di abbassarsi, con l'orcio in capo, prima di attraversare la porta.
Alla fine della rielaborazione, Saramago accenna ad alcuni oggetti, di cui tratterà in un altro libricino, in articulo mortis: "Le piccole cose". A fine vita, minato da una malattia del sangue, sente il desiderio di ripercorrere a ritroso la sua esperienza, offrendo, se tutti o qualcheduno, non si sa, per interetare quanto da adulto, per decenni ha narrato ad un pubblico selezionato e fedele, appalesando emozioni ed incertezze, precoci riflessioni e fantasie di un ragazzo povero, ma non poverissimo, che incamera fecondamente quante preluderà alla sua letteratura, non squisitamente popolare, bensì interpretativa, fantasticamente interpretativa della vita dei semplici, attraverso la quale "semplifica" la viat dei potenti e di chi si atteggia o si maschera dietro un abito, delle abitudini e costumanze, in buona o in cattiva fede.
Anche i suoi studi sono stati compositi: passò dal liceo ad una scuola profesioanle industriale, dove si ingegnò a disegnare dei carburatori in sezione e, per una volta, fece il meccanico di officina.
Alla fine delle piccole memorie, mentre si avvicina ad una porcilaia, scorge una sua conoscenza,moglie di un paesano, che si rassetta l'abito, mentre uno sconosciuto si abbottona i pantaloni. Lui cercava un'amica lucertola, come me, nelle torride sere calabresi, di anno in anno, un grosso e adunco geco, a caccia dentro un lampione del villaggio. IO ero già grande. la donna fugge, teme di essere denunciata dalle chiacchiere che la rivelazione potrebbe provocare. L'uomo si avvicina al ragazzino, loda le "qualità" femminee dell'occasionale amante egli confida il timore della fedifraga. José tace. L'uomo, probabilmente un trattorista stagionale si discosta: "addio!".
E' la perdita della sua innocenza. Non vide mai più queella lucertola.

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